Introduzione tratta dal
manga. Autore : Davide Castellazzi
Cronaca
di una morte annunciata
«Il
15 agosto 1945 fummo tutti convocati nello studio per ascoltare una dìchiarazione capitale alla radio: l'imperatore in persona doveva parlare via etere all'intera nazione.
Non dimenticherò mai la scena che vidi quel giorno, camminando per le strade.
Sul tragitto da Soshigaya agli studi, a Kinuta, la gente sembra va già pronta per la cosiddetta Onorata Morte dei Cento
Milioni.
C'era un'atmosfera di tensione e di panico. Alcuni negozianti avevano tolto dal fodero le
loro spade giapponesi e stavano fissandone la lama...
Quando rifeci la stessa strada per tornare a casa dopo il proclama, la scena era completamente diversa.
Nelle strade commerciali la gente era tornata allegramente al lavoro, come se si
preparasse alla vigilia di una festa popolare... Se l'imperatore non avesse
pronunciato il discorso nel quale ordinava ai giapponesi di cedere le armi
- se in quel discorso avesse fatto appello alla cosiddetta Onorata Morta dei Cento
Milioni - la gente di quella strada probabilmente avrebbe fatto quel che le si
ordinava. Si sarebbe suicidata. E io probabilmente avrei fatto lo stesso.
Per i giapponesi l'affermazione di sé è immorale, il sacrificio della persona
è la scelta più sensata che si possa fare nella vita. Era vamo abituati a quell'insegnamento, e non
potevamo pensare di metterlo in dubbio.»
Il brano che avete appena letto è tratto dal libro L'ultimo samurai
- quasi un'autobiografia di Akira
Kurosawa. Il compianto regista non lesina critiche ai suoi
connazionali (e a se stesso) per i comportamenti assunti durante la Seconda Guerra
Mondiale. In poche frasi mette a nudo una mentalità incomprensibile per un
occidentale, ma perfettamente condivisibile da un giapponese di quel periodo:
quella del sacrificio estremo per il gruppo, la collettività, la nazione, senza dubbi o possibilita di ripensamento. E se per un semplice commerciante appariva
"giusto" e "doveroso" uccidersi di fronte a una richiesta dell'imperatore, potete
immaginare quanto fosse ancor piu "giusto" e "doveroso" per un militare
dell' esercito imperiale sacrificarsi per il bene della patria...
Nel fumetto che vi apprestate a leggere, Ayumi Tachihara racconta gli ultimi giorni di un pilota di caccia che ha deciso dì
schiantarsi col proprio aereo contro le navi nemiche: un atto estremo condiviso da tutti i suoi compagni. Tachihara, che
probabilmente di regia e di mentalità giapponese se ne intende quanto Kurosawa,
mette in scena un dramma dal finale annunciato, eppure incredibilmente
coinvolgente.
Non commenta
i fatti, lascia che siano i lettori a farIo, e realizza un film disegnato,
interamente giocato sull'attesa della morte.
I pensieri dei personaggi e le altalenanti emozioni, intense ma raramente espresse, hanno il sopravvento
su tutto. Il taglio e quasi documentaristico (pratica che amava anche Kurosawa)
e i personaggi risultano estremamente reali nel rappresentare gli uomini e le donne che vissero realmente il dramma della fine della Guerra, presi in un complesso meccanismo di doveri di cui non avevano piena coscienza.
Rispetto all' intensità narrativa, il bellissimo disegno dell'autore - fotografico per
quel che riguarda aerei e sfondi, più poetico ed etereo nella rappresentazione
dei personaggi - passa in secondo piano.
Gli occhi del lettore scorrono sui dialoghi e sui pensieri dei personaggi,
perchè mentre la fine si avvicina, ogni parola si carica di significati, di importanza. Tachihara fornisce uno spaccato di un
periodo e dì una mentalità che non esistono pìù, ma che hanno lasciato profondi
solchi nella cultura e nelle abitudini di un popolo.
Forse oggi nessun giapponese offrirebbe la propria vita, tuttavia la negazione di
sé è ancora presente nella mentalità nipponica, e si manifesta in molti aspetti della
quotidianità: dall'omologazione nel vestire ai lunghi orari dì lavoro, alle rigorose abitudini.
Se il Giappone si presenta agli occidentali come un universo da esplorare e comprendere, la
mentalità giapponese è ancora pìu misteriosa. Tra i pregi di ALI
D'ARGENTO vi è anche quello dì avvicinarci a questo mistero e di iniziare a sollevare
il velo che lo copre.
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