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SONDAGGIO : L'opera preferita di Banana Yoshimoto

 

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Scrittrici giapponesi  Yu Miri

Un' intervista a Yu Miri [2 novembre 2001]

     
     
 

Sarà l'erede di Banana Yoshimoto? Se non per il genere, del tutto differente, forse sì per la notorietà che sta acquisendo anche in Europa. Yu Miri, 33 anni, coreano-giapponese, e per questo sottoposta a intollerabili discriminazioni, si sta rivelando come la scrittrice della possibile rinascita della letteratura nipponica. Di cui lei racconta la violenza e il disagio, figli dell'iper-consumismo e oggi delle crisi. Affarmatasi in Italia con “Oro rapace” (Feltrinelli), una saga familiare che per comprenderci, può ricondurre il lettore italiano alla strage di Novi Ligure, Yu Miri ricompare in libreria con “Scene di famiglia”, una raccolta di racconti pubblicata da Marsilio. Mimma De Petra, traduttrice, collaboratrice di giornali giapponesi e studiosa delle tematiche letterarie del Sol Levante, l'ha incontrata a Tokyo e intervistata. Ma nel frattempo un altro elemento contribuisce a rendere ancor più attuale quest'intervista, e cioè la decisione del Giappone di affiancare la coalizione strettasi intorno agli Usa nella guerra contro il terrorismo. Una decisione di importanza storica, cui si associano le preoccupazioni sempre più crescenti per la sicurezza dei mondiali di calcio coreano-giapponesi.

Nei suoi romanzi lei presenta spesso un quadro disperato della società contemporanea giapponese: figli che uccidono i genitori, famiglie divise, prostituzione giovanile, stupri da parte di adolescenti. Che cosa manca secondo lei ai ragazzi giapponesi di oggi? Quale crede che possa essere la causa di tutti questi fenomeni?
La società non propone ai giovani un futuro. La strada ritenuta normale da percorrere per un ragazzo è entrare in una buona scuola media e in un buon liceo per poter poi frequentare un'università prestigiosa e assicurarsi un buon lavoro (per esempio al Ministero degli Esteri o in una ditta famosa). I genitori sostengono che questa sia la strada buona da percorrere e si aspettano che i loro figli la seguano. I ragazzi che escono fuori da questo “binario” obbligato che la società impone vengono rifiutati dai genitori. E' il caso delle ragazzine che si prostituiscono per comprarsi abiti firmati. I genitori rifiutano i figli che non riescono a percorrere quella strada ritenuta normale e li abbandonano a se stessi. Tra i ragazzi c'è uno slogan che va di moda ed è: “La parola amore finisce quando compi venti anni”. Ed è l'amore da parte degli adulti che manca loro. I ragazzi vorrebbero riuscire a percorrere la strada ritenuta da tutti “normale”, ma non sempre ci riescono. E per quelli che non ce la fanno la società non propone alcun modello alternativo. Credo che gli adulti abbiano una grossa responsabilità.


Spesso lei viene posta a confronto, soprattutto in Occidente, con Banana Yoshimoto.  Alcuni la indicano come la Banana Yoshimoto del nuovo millennio, identificando Banana come la portavoce della generazione spensierata e forse edonista degli anni novanta e lei come il simbolo del disagio giovanile delle nuove generazioni. Quale ritiene sia la differenza tra lei e Banana Yoshimoto?
Secondo me io e Banana Yoshimoto abbiamo un diverso tipo di lettori, anche se apparentemente alcuni temi come quello della solitudine, dell'amore, della morte possono sembrare simili. I miei lettori e quelli della Yoshimoto cercano un diverso tipo di “collocazione” nei libri che leggono. Per me vivere significa combattere e anche rimanere feriti, ma continuare ad andare avanti nonostante tutto. Nelle opere di Banana c'è una visione consolatoria dei rapporti tra le persone, mentre i miei personaggi affrontano situazioni molto difficili. Comunque a me piace Banana Yoshimoto.

Chi sono i suoi lettori?

Sono persone che hanno tentato il suicidio, persone che cercano di sfuggire dalla realtà della loro vita. Ricevo spesso lettere da loro: dicono di identificassi molto nelle mie opere che descrivono la frattura, l'incrinatura che esiste tra l'io e il mondo reale. Ragazzini delle medie e del liceo mi scrivono lettere tipo: “Mi sono rinchiuso in me stesso, non riesco a parlare né con la famiglia, né con i miei amici. Tu sei l'unica con cui sento di poter stabilire un contatto”. Mi scrivono anche bambini che sono in riformatorio o in cliniche psichiatriche. Nelle loro lettere ci sono frasi come: “Voglio che vieni a salvarmi nella stanza numero x”. Banana invece ha un rapporto con i lettori diverso, di amicizia.

Le sue origini coreano hanno o hanno avuto un influsso sulle sue opere?

Credo di sì, ma a livello inconscio. Io in realtà non mi sento né giapponese, né coreana. Non parlo il coreano e quindi non mi sento coreana, ma non posso neanche dire di essere completamente giapponese. Riguardo al problema dell'identità, dell'essere di una certa nazionalità, io sento dentro di me di non essere “niente”, di trovarmi in una dimensione del “nulla”.


Quest'anno il primo ministro giapponese Kozumi ha visitato il tempio scintoista Yasukuni a Tokyo nel quale sono conservate insieme alle ceneri dei caduti dell'ultima guerra mondiale, anche quelle di alcuni criminali di guerra responsabili di atrocità nei confronti del popolo coreano. Questo, insieme alla vicenda dei libri scolastici di storia (1), ha scatenato una violenta reazione da parte coreana. Come ha vissuto lei queste vicende?
Io ho la nazionalità coreana(2), mentre mio figlio ha quella giapponese e quindi io vivo all'interno della mia famiglia il contrasto tra Giappone e Corea. E' per questo che i rapporti tra i due paesi mi interessano direttamente, hanno effetti diretti su di me. Vorrei che si potesse arrivare a una soluzione definitiva di questi problemi. Spesso mi chiedo perché gli storici dei due paesi non possano parlare tra loro e giungere ad una soluzione. Forse il problema è che ci si ostina troppo a dire: “questo è giapponese?” “questo è coreano?”. Io voglio trovarmi in un luogo in cui non ci sono distinzioni tra gli uni e gli altri, in una dimensione del “niente”. Preoccuparsi troppo di distinguere tra quello che è “giapponese” e quello che è “coreano” può essere pericoloso e sfociare nel nazionalismo.

Qual'e l'autore giapponese che ha influenzato la sua produzione letteraria o quello che ammira e stima di più?

Io credo di essere stata influenzata più dalla letteratura straniera che da quella giapponese. L'autore che stimo e del quale vorrei davvero leggere tutte le opere è Murakami Haruki.

Come vede la situazione della letteratura giapponese di oggi?

Purtroppo i giovani giapponesi non leggono molto, a parte i manga. Inoltre trascorrono gran parte del loro tempo attaccati ai telefonini a mandare e-mail. Quindi vedo un futuro piuttosto nero per la letteratura giapponese. Adesso il mercato dei libri è ancora economicamente florido, ma non so se in futuro sarà lo stesso. Credo che abbiamo bisogno di libri capaci di “risvegliare” i lettori.

Che cosa significa essere uno scrittore?

A rifletterci bene, il valore di uno scrittore si capisce dalla profondità con la quale scandaglia e scrive della vita e della morte. La sua è una ricerca dell'uomo che deve coinvolgere tutti gli aspetti, quello politico, sociale, familiare. Lo scrittore non deve trovarsi, nella parte in cui il fiume scorre dolcemente, ma deve stare al centro di un vortice. Non deve pensare di voler raggiungere la parte meno profonda del fiume.

Quale processo segue nella stesura di un libro?

Mentre scrivo lo faccio in modo inconsapevole ed entro in una sfera che io stessa non riesco a comprendere. Se però durante il lavoro di rifinitura del romanzo non tornassi ad uno stato di lucidità e di consapevolezza, tutto il lavoro sarebbe da buttar via. Prima che il libro venga pubblicato lo sottopongo ad una continua opera di revisione. Nell'istante in cui si trova nelle mani del lettore penso che si sia distaccato da me e che sia diventato proprietà del lettore stesso. Ci sono scrittori che apportano correzioni alle loro opere prima che vengano ripubblicate in edizione tascabile e anch'io a volte mi accorgo di imperfezioni di alcune mie frasi e vorrei cambiarle. Ma correggerle significherebbe distruggere la prima impressione che il lettore ha avuto di quell'opera e cambiare quella parte di me che nel momento in cui scrivevo era rimasta sigillata tra quelle parole. Scrivo come se sovrapponessi l'uno sull'altro dei blocchetti di legno, ma credo che sia importante anche il lavoro di rottura di questi blocchetti in qualche punto.

NOTE:
(1) L'approvazione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione di alcuni testi scolastici di storia nei quali venivano sottovalutate le atrocità e gli stereotipi nei confronti di Cina e Corea ha scatenato violente proteste da parte di questi due paesi.
Yu Miri come tutti i figli di immigrati stranieri (in particolare coreani) non ha mai ottenuto la cittadinanza giapponese, pur essendo nata a cresciuta in Giappone. Il senso di identità nazionale molto forte in Giappone difficilmente consente a uno straniero di ottenere la cittadinanza. Yu Miri è riuscita, dopo una lunga battaglia a far avere a suo figlio la cittadinanza giapponese. (il padre del piccolo è giapponese, ma non essendo sposato con Yu Miri, la procedura si è rivelata molto complessa).
 

Intervista di Mimma De Petra – IL SECOLO XIX – 2/11/2001

©  Yu Miri / Mimma De Petra – IL SECOLO XIX


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Ultima modifica : 10/03/08 22.36.31

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