Sarà
l'erede di Banana Yoshimoto? Se non per il genere, del tutto
differente, forse sì per la notorietà che sta acquisendo
anche in Europa. Yu Miri, 33 anni, coreano-giapponese, e per
questo sottoposta a intollerabili discriminazioni, si sta
rivelando come la scrittrice della possibile rinascita della
letteratura nipponica. Di cui lei racconta la violenza e il
disagio, figli dell'iper-consumismo e oggi delle crisi.
Affarmatasi in Italia con “Oro
rapace”
(Feltrinelli), una saga familiare che per comprenderci, può
ricondurre il lettore italiano alla strage di Novi Ligure, Yu
Miri ricompare in libreria con “Scene
di famiglia”,
una raccolta di racconti pubblicata da Marsilio. Mimma De
Petra, traduttrice, collaboratrice di giornali giapponesi e
studiosa delle tematiche letterarie del Sol Levante, l'ha
incontrata a Tokyo e intervistata. Ma nel frattempo un altro
elemento contribuisce a rendere ancor più attuale
quest'intervista, e cioè la decisione del Giappone di
affiancare la coalizione strettasi intorno agli Usa nella
guerra contro il terrorismo. Una decisione di importanza
storica, cui si associano le preoccupazioni sempre più
crescenti per la sicurezza dei mondiali di calcio
coreano-giapponesi.
Nei suoi
romanzi lei presenta spesso un quadro disperato della società
contemporanea giapponese: figli che uccidono i genitori,
famiglie divise, prostituzione giovanile, stupri da parte di
adolescenti. Che cosa manca secondo lei ai ragazzi giapponesi
di oggi? Quale crede che possa essere la causa di tutti questi
fenomeni?
La società non propone ai giovani un futuro. La strada
ritenuta normale da percorrere per un ragazzo è entrare in
una buona scuola media e in un buon liceo per poter poi
frequentare un'università prestigiosa e assicurarsi un buon
lavoro (per esempio al Ministero degli Esteri o in una ditta
famosa). I genitori sostengono che questa sia la strada buona
da percorrere e si aspettano che i loro figli la seguano. I
ragazzi che escono fuori da questo “binario” obbligato che
la società impone vengono rifiutati dai genitori. E' il caso
delle ragazzine che si prostituiscono per comprarsi abiti
firmati. I genitori rifiutano i figli che non riescono a
percorrere quella strada ritenuta normale e li abbandonano a
se stessi. Tra i ragazzi c'è uno slogan che va di moda ed è:
“La parola amore finisce quando compi venti anni”. Ed è
l'amore da parte degli adulti che manca loro. I ragazzi
vorrebbero riuscire a percorrere la strada ritenuta da tutti
“normale”, ma non sempre ci riescono. E per quelli che non
ce la fanno la società non propone alcun modello alternativo.
Credo che gli adulti abbiano una grossa responsabilità.
Spesso lei
viene posta a confronto, soprattutto in Occidente, con Banana
Yoshimoto. Alcuni la indicano come la Banana Yoshimoto
del nuovo millennio, identificando Banana come la portavoce
della generazione spensierata e forse edonista degli anni
novanta e lei come il simbolo del disagio giovanile delle
nuove generazioni. Quale ritiene sia la differenza tra lei e
Banana Yoshimoto?
Secondo me io e Banana Yoshimoto abbiamo un diverso tipo di
lettori, anche se apparentemente alcuni temi come quello della
solitudine, dell'amore, della morte possono sembrare simili. I
miei lettori e quelli della Yoshimoto cercano un diverso tipo
di “collocazione” nei libri che leggono. Per me vivere
significa combattere e anche rimanere feriti, ma continuare ad
andare avanti nonostante tutto. Nelle opere di Banana c'è una
visione consolatoria dei rapporti tra le persone, mentre i
miei personaggi affrontano situazioni molto difficili.
Comunque a me piace Banana Yoshimoto.
Chi sono i
suoi lettori?
Sono persone che hanno tentato il suicidio, persone che
cercano di sfuggire dalla realtà della loro vita. Ricevo
spesso lettere da loro: dicono di identificassi molto nelle
mie opere che descrivono la frattura, l'incrinatura che esiste
tra l'io e il mondo reale. Ragazzini delle medie e del liceo
mi scrivono lettere tipo: “Mi sono rinchiuso in me stesso,
non riesco a parlare né con la famiglia, né con i miei
amici. Tu sei l'unica con cui sento di poter stabilire un
contatto”. Mi scrivono anche bambini che sono in
riformatorio o in cliniche psichiatriche. Nelle loro lettere
ci sono frasi come: “Voglio che vieni a salvarmi nella
stanza numero x”. Banana invece ha un rapporto con i lettori
diverso, di amicizia.
Le sue origini
coreano hanno o hanno avuto un influsso sulle sue opere?
Credo di sì, ma a livello inconscio. Io in realtà non mi
sento né giapponese, né coreana. Non parlo il coreano e
quindi non mi sento coreana, ma non posso neanche dire di
essere completamente giapponese. Riguardo al problema
dell'identità, dell'essere di una certa nazionalità, io
sento dentro di me di non essere “niente”, di trovarmi in
una dimensione del “nulla”.
Quest'anno il
primo ministro giapponese Kozumi ha visitato il tempio
scintoista Yasukuni a Tokyo nel quale sono conservate insieme
alle ceneri dei caduti dell'ultima guerra mondiale, anche
quelle di alcuni criminali di guerra responsabili di atrocità
nei confronti del popolo coreano. Questo, insieme alla vicenda
dei libri scolastici di storia (1), ha scatenato una violenta
reazione da parte coreana. Come ha vissuto lei queste vicende?
Io ho la nazionalità coreana(2), mentre mio figlio ha quella
giapponese e quindi io vivo all'interno della mia famiglia il
contrasto tra Giappone e Corea. E' per questo che i rapporti
tra i due paesi mi interessano direttamente, hanno effetti
diretti su di me. Vorrei che si potesse arrivare a una
soluzione definitiva di questi problemi. Spesso mi chiedo
perché gli storici dei due paesi non possano parlare tra loro
e giungere ad una soluzione. Forse il problema è che ci si
ostina troppo a dire: “questo è giapponese?” “questo è
coreano?”. Io voglio trovarmi in un luogo in cui non ci sono
distinzioni tra gli uni e gli altri, in una dimensione del
“niente”. Preoccuparsi troppo di distinguere tra quello
che è “giapponese” e quello che è “coreano” può
essere pericoloso e sfociare nel nazionalismo.
Qual'e
l'autore giapponese che ha influenzato la sua produzione
letteraria o quello che ammira e stima di più?
Io credo di essere stata influenzata più dalla letteratura
straniera che da quella giapponese. L'autore che stimo e del
quale vorrei davvero leggere tutte le opere è Murakami
Haruki.
Come vede la
situazione della letteratura giapponese di oggi?
Purtroppo i giovani giapponesi non leggono molto, a parte i
manga. Inoltre trascorrono gran parte del loro tempo attaccati
ai telefonini a mandare e-mail. Quindi vedo un futuro
piuttosto nero per la letteratura giapponese. Adesso il
mercato dei libri è ancora economicamente florido, ma non so
se in futuro sarà lo stesso. Credo che abbiamo bisogno di
libri capaci di “risvegliare” i lettori.
Che cosa
significa essere uno scrittore?
A rifletterci bene, il valore di uno scrittore si capisce
dalla profondità con la quale scandaglia e scrive della vita
e della morte. La sua è una ricerca dell'uomo che deve
coinvolgere tutti gli aspetti, quello politico, sociale,
familiare. Lo scrittore non deve trovarsi, nella parte in cui
il fiume scorre dolcemente, ma deve stare al centro di un
vortice. Non deve pensare di voler raggiungere la parte meno
profonda del fiume.
Quale processo
segue nella stesura di un libro?
Mentre scrivo lo faccio in modo inconsapevole ed entro in una
sfera che io stessa non riesco a comprendere. Se però durante
il lavoro di rifinitura del romanzo non tornassi ad uno stato
di lucidità e di consapevolezza, tutto il lavoro sarebbe da
buttar via. Prima che il libro venga pubblicato lo sottopongo
ad una continua opera di revisione. Nell'istante in cui si
trova nelle mani del lettore penso che si sia distaccato da me
e che sia diventato proprietà del lettore stesso. Ci sono
scrittori che apportano correzioni alle loro opere prima che
vengano ripubblicate in edizione tascabile e anch'io a volte
mi accorgo di imperfezioni di alcune mie frasi e vorrei
cambiarle. Ma correggerle significherebbe distruggere la prima
impressione che il lettore ha avuto di quell'opera e cambiare
quella parte di me che nel momento in cui scrivevo era rimasta
sigillata tra quelle parole. Scrivo come se sovrapponessi
l'uno sull'altro dei blocchetti di legno, ma credo che sia
importante anche il lavoro di rottura di questi blocchetti in
qualche punto.
NOTE:
(1) L'approvazione da parte del Ministero della Pubblica
Istruzione di alcuni testi scolastici di storia nei quali
venivano sottovalutate le atrocità e gli stereotipi nei
confronti di Cina e Corea ha scatenato violente proteste da
parte di questi due paesi.
Yu Miri come tutti i figli di immigrati stranieri (in
particolare coreani) non ha mai ottenuto la cittadinanza
giapponese, pur essendo nata a cresciuta in Giappone. Il senso
di identità nazionale molto forte in Giappone difficilmente
consente a uno straniero di ottenere la cittadinanza. Yu Miri
è riuscita, dopo una lunga battaglia a far avere a suo figlio
la cittadinanza giapponese. (il padre del piccolo è
giapponese, ma non essendo sposato con Yu Miri, la procedura
si è rivelata molto complessa).
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