Introduzione di Enki
Bilal, tratta dal volume :
La Trilogia Nikopol (come nell'antica Grecia?) è una trilogia nello stesso tempo libera e legata.
Libera per me, suo autore, in tutti i sensi del termine. Cito, in ordine sparso: libera
nell'ispirazione, nel filo narrativo, nella costruzione del tempo e libera dalla
razionalità, dalle costrizioni sulla documentazione e anche dalla scelta dell'edizione.
Ma non libera da legami, poiché strettamente tenuta insieme da una cronologia dei
personaggi e da un desiderio, costante ad ognuna delle tre tappe, di calarsi nel
contemporaneo attraverso delle false arie di mutamento temporale.
Così nei tre volumi si susseguono delle scaglie ossessive e grottesche del nostro mondo,
dèi egizi vergognosamente maltrattati, un uomo che porta il nome di una città d'Ukraina
(Nikopol) con i tratti di un grande attore svizzero-tedesco, una donna aberrante dalla
pelle bianca e dai capelli naturalmente blu, animali veri, fasulli, poi dei giornali (La
Stampa, onnipresente!) una piramide volante, degli incontri sportivi, scompartimenti di
treno, camere d'albergo ed infine storie d'amore e di sogni, in celluloide. Una trilogia
(termine pomposo, bisogna riconoscerlo) che occupa il mio spirito, ad intervalli regolari,
da quasi 15 anni. Mi chiedo proprio a cosa possa servire, a parte il costruirmi legami
liberamente consentiti ma sufficientemente distesi, comodi,per potermi muovere altrove?
Malgrado cerchi di muovermi verso varie direzioni e precisamente altrove, una trilogia,
per definizione, ha una fine ed una fine è dolorosacome una separazione.
L'essenziale è di non farne una tragedia (greca).
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