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> Banana Yoshimoto su Randy Taguchi, l'autrice di Presa elettrica

 

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> Tsugumi,  nella bella recensione a cura di S@r@ 

> Banana Yoshimoto, scorcio di cultura
giapponese;

biografia, stile e temi
nell'articolo di
Silvia

 

Links :

> Feltrinelli , il sito ufficiale dell'editore italiano

> Melancholia, Banana Yoshimoto Page , un sito amatoriale con molte informazioni

 
 
 

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Scrittrici giapponesi  Banana Yoshimoto

Un'intervista a Banana Yoshimoto

[29 novembre 2001]

     
     

Intervista di Giorgio Amitrano :

Napoli, 29 novembre 2001. Quando arriviamo al luogo dove si svolgerà l'incontro, la sala è talmente gremita che riusciamo a farci strada con difficoltà. A occhio e croce ci saranno cinquecento persone, e manca quasi un'ora all'inizio. Gli studenti si accalcano intorno a Banana per farsi rilasciare un autografo, parlarle, chiederle di posare per una foto insieme
a loro. Assistere a questa scena è piuttosto impressionante. Penso ai miei colleghi che si lamentano spesso del fatto che "i giovani non leggono". Sono gli stessi che non apprezzano per niente Banana e non capiscono il motivo del suo successo. Ma nel vedere questi ragazzi che fanno di tutto per strappare a Banana una firma o un sorriso, si capisce che questa scrittrice
che racconta solo di morte e solitudine, suscita in loro un rapporto di identificazione che oggi molto di rado la letteratura riesce a provocare. C'è qualcosa che va certamente al di là del fenomeno commerciale e del numero di copie vendute.
Finalmente raggiungiamo il palco. La portiamo "dietro le quinte". Quando annuncio il suo nome e lei esce dalla tenda, c'è un boato di applausi, come per una rockstar. È la prima volta che Banana parla in una università. Non lo ha mai fatto prima, né in Giappone né all'estero. Invitata dalla Japan
Foundation a partecipare a degli incontri in Italia, oltre all'Istituto Giapponese di Roma ha accettato di parlare solo qui all'Istituto Universitario Orientale. Università a parte, non ha comunque parlato spesso, nemmeno in altri luoghi, perché non ama farlo. Anche di interviste ne ha rilasciate pochissime, e quando risponde alle domande dei giornalisti le sue frasi sono quasi sempre molto laconiche, a volte un semplice "sì" o "no", e molti "non so". Oggi è diverso. Il calore e l'energia della sala hanno l'effetto di scioglierla, e Banana sembra a un passo dal lasciarsi andare e lanciarsi in una lunga chiacchierata. Così sembra, ma quando si avvicina al confine si ferma, senza mai attraversarlo. C'è però tanta grazia nel suo riserbo che sarebbe un peccato forzarla, insistere più del necessario. Banana parla di sé, spiega, ma non troppo, e il suo mistero resiste, impermeabile anche a questo bagno di folla, alle mie curiosità e a quelle degli studenti ai quali, a un certo punto, cederò la parola.

In una tua recente intervista ho letto una frase che mi ha colpito molto. Diceva più o meno: "Se i libri di poesie di mio padre si sposassero con i libri di haiku di mia madre, nascerebbero i libri che scrivo io". Puoi commentarla?
Un tempo non pensavo di poter essere influenzata dai miei genitori, mi sono resa conto che è così solo da poco tempo. Sulla terra mio padre e mia madre si sono sposati e sono nata io. In uno spazio diverso (indica un punto imprecisato, verso l'alto) è come se il mondo dei pensieri di mio padre e quello di mia madre si fossero accoppiati, e fosse nato il mio.

Nei tuoi libri si parla spesso di famiglie disastrate e di morte. I giornalisti, quando ti intervistano, sono sorpresi di scoprire che la tua famiglia è unita e che non hai alle spalle storie di gravi lutti. Viene da chiedersi allora da dove viene questa sensibilità per il tema della crisi familiare e del lutto così ricorrente nei tuoi libri.
Viene da dentro. È una cosa che ho sempre avuto. Certe esperienze si possono vivere anche solo internamente, senza che fuori si veda niente.

In una delle tue ultime interviste dicevi che leggi pochi romanzi. So però che ci sono degli scrittori che hanno avuto importanza nella tua vita. Non hai mai amato i romanzi oppure hai perso interesse per il romanzo negli ultimi tempi?
Ho sempre letto poca narrativa, A me piace leggere cose scritte da persone che non sono letterati. Mi piace leggere i libri scritti da scienziati, ingegneri, gente che scrive usando altri linguaggi, cose pratiche e sconosciute da cui posso imparare molto.

Hai sempre detto che hai deciso di diventare una scrittrice sin da bambina, se non sbaglio a cinque anni. Ma di solito chi da piccolo sogna di scrivere, ama molto anche la lettura. Per te non era così?
Sì, avevo cinque anni quando ho deciso che sarei diventata una scrittrice. Non ho mai cambiato idea, anche se non ho cominciato subito a scrivere. Aspettavo, forse mi preparavo. Mio padre (il padre di Banana, Yoshimoto Takaaki, è uno dei più noti intellettuali giapponesi. Saggista e poeta, ha esercitato un'enorme influenza sulla generazione "impegnata" e di sinistra tra gli anni sessanta e settanta) aveva tantissimi libri. Tutte le pareti di casa nostra erano rivestite di libri, così forse per reazione non li amavo. C'è anche il fatto che avevo così chiara questa aspirazione a scrivere, e avevo la sensazione che se avessi letto troppi romanzi mi sarei riempita delle cose di altri, mentre io volevo tirar fuori le mie. E poi è anche un fatto generazionale. Io appartengo a una generazione che ha letto soprattutto manga, guardato film, ascoltato musica.

Non c'è proprio nessuno scrittore che tu abbia amato, giapponese o straniero, o ti abbia influenzato?
Tra i giapponesi ho letto soprattutto Dazai Osamu, quando ero al liceo. Ma se devo dire uno che mi abbia influenzato, l'unico che mi viene in mente è Isaac Bashevis Singer. Lo considero un grandissimo scrittore.

E Miyazawa Kenji? Ho notato alcuni passaggi nei tuoi libri che secondo me rivelano la sua influenza.
Non saprei. Naturalmente è tra quelli che ho letto. Era una persona così particolare, unica. La cosa che mi ha sempre colpito in lui è il suo amore per la natura. Lui che non si è mai sposato e ha fatto una vita castissima, aveva per la natura un amore incredibile, direi quasi morboso.

Ho sentito spesso dire ai tuoi fan che leggendoti si sono sentiti per la prima volta capiti e accettati, che hanno trovato espresse per la prima volta cose che sentivano e che non erano mai riusciti a dire. Forse anche a te è successo, come lettrice o spettatrice di film, di provare questa sensazione nei confronti di qualche artista? Chi?
Quando lo dico, molti lo trovano strano, ma è Dario Argento.

Puoi provare a spiegarci che cosa ti danno i suoi film, e raccontarci se ricordi quando hai visto una sua pellicola la prima volta e l'impressione che ti ha fatto.
Da bambina mi sono sempre sentita diversa. Avevo una visione nella mia mente che pensavo fosse sbagliata, non c'entrasse niente col mondo. Pensavo di essere pazza. Ero terribilmente sola. Quando verso i quattordici anni ho visto Suspiria di Dario Argento, per me è stata un'esperienza incredibile. Tutto il mondo che avevo nella mia mente e che mi separava dal mondo degli altri, era lì, in quei colori e quelle immagini, già completo e perfettamente formato. Capii che non ero pazza, non ero più sola. Quando lo dico, alcuni storcono il naso, forse perché non considerano Dario Argento un grande artista. Ma io penso che forse, se non avessi visto quel film e non
fossi uscita dal cerchio della mia solitudine, avrei finito per uccidermi.

I personaggi dei tuoi libri non sono mai persone cattive e crudeli, ma a volte la violenza, anche se distanziata, è efferata, come nel caso di Honeymoon con la setta di persone che lasciano morire dei bambini per poi divorarli. Pensi di subire in qualche modo il fascino della violenza?
No, non credo. Se ti riferisci anche ai film di Dario Argento, la
rappresentazione artistica della violenza è una cosa completamente diversa
dalla violenza reale, dalla violenza della guerra.

In confronto a un altro scrittore giapponese anche lui molto famoso, Murakami Haruki, è molto più forte in te il rapporto con la bellezza del Giappone tradizionale. Anche se le tue protagoniste non vestono in kimono e non vanno a vedere il kabuki lo si sente nelle descrizioni della natura o di luoghi come Narita (non l'aeroporto, ovviamente, ma il tempio e la strada che conduce al tempio), e anche nella tua scrittura. Tu cosa ami del Giappone tradizionale, e che parte ha nella tua vita di tutti i giorni?
Ho imparato anch'io a fare la cerimonia del tè (ride).Del Giappone amo soprattutto la natura. In Giappone ci sono le stagioni... sì lo so, ci sono dappertutto, ma da noi i cambiamenti delle stagioni sono così delicati e sottili come credo in nessuna parte del mondo. Mi piace la finezza dei
particolari della nostra natura questo è legato alla tradizione, perché è un po' lo spirito del bonsai: microcosmo e macrocosmo, quella roba lì. Non spazi immensi, ma un piccolo giardino con foglie, rami, tutto in piccolo e tutto avvolto dalla luce giapponese.

L'occulto è uno dei grandi temi dei tuoi romanzi, al punto che uno dei volumi delle tue Opere scelte (pubblicate solo in Giappone) si intitola proprio così, Occulto. Qual è il tuo rapporto con il paranormale? Sei solo affascinata dagli eventi soprannaturali o ci credi veramente?
Ci ho sempre creduto. Mi sono sempre capitati piccoli episodi del genere nella mia vita di tutti i giorni. Niente di eccezionale come vedere fantasmi o piegare le forchette. Piccole cose, come fare sogni che si avverano, pensare a una persona che non sento da molto tempo, e in quel momento squilla il telefono ed è lei, capire cosa sta pensando qualcuno... Non so se si possano definire episodi paranormali. Infatti per me sono normali.

Gli animali. La morte di Olive in Honeymoon è una delle pagine più belle che siano state scritte sulla morte di un cane. Mi viene in mente la morte del cane Karenin nell'Insostenibile leggerezza dell'essere. Vuoi direi qualcosa sul tuo rapporto con gli animali?
Li amo da morire, ho un rapporto morboso con gli animali, un po' come Miyazawa Kenji lo aveva con la natura. Ho due cani, tre gatti, una tartaruga. Occupano la mia casa, e la mia vita. A causa degli animali, io e mio marito evitiamo di viaggiare troppo a lungo, non ci allontaniamo mai da Tokyo per più di una settimana.

La musica. In molti dei tuoi romanzi citi brani musicali. Che ruolo gioca nella tua scrittura?
Non hanno molta importanza le citazioni, a volte sono casuali. Di solito però un racconto o un libro è legato a un brano o a un disco che ascolto ossessivamente mentre scrivo. Ogni romanzo ha una sua musica.

Puoi fare un esempio?
Adesso non mi viene in mente niente... Mi piace ascoltare John Frusciante, i Red Hot Chili Pepper... (caloroso applauso del pubblico).

(Adesso lascio la parola agli studenti. Da questo punto in avanti le domande sono le loro.)

Nei suoi libri si parla spesso di sessualità irregolare: omosessualità, transessualità eccetera. È una rappresentazione metaforica delle ambiguità del Giappone contemporaneo?
No, no, no. La ragione è che in Giappone le persone diverse sono molto discriminate. Siccome io ho sempre trovato completamente naturale il loro modo di essere, volevo fare qualcosa per far sì che anche gli altri li sentissero naturali.

Nel racconto Moonlight Shadow c'è una scena che mi ha molto colpito. Il protagonista conosce una ragazza, Urara, che le fa magicamente incontrare il suo ragazzo, morto in un incidente stradale. Dopo averlo potuto salutare per l'ultima volta, lei che era disperata trova pace e riprende a vivere. Lei crede veramente che un miracolo così sia possibile?
Non è che se scrivo qualcosa, questo vuol dire che io credo possa accadere davvero. Io avevo voglia di scrivere la situazione di una ragazza in un giorno di freddo, di freddo terribile, una ragazza che ha freddo da morire e si sente sola e disperata in quel paesaggio gelido e invernale, e di qualcosa che all'improvviso le scalda il cuore. Era solo questo che avevo in mente.

Crede all'amore eterno? Un amore che dura tutta la vita?
Per la coppia l'amore diventa sempre qualcos'altro, e qualunque forma prenda può durare solo se coltivato con molta pazienza e cure. Ma l'amore che dura è famoso in un senso più profondo, assoluto, l'amore per l'umanità; per la
vita; l'amore non egoistico. Ho paura che sembri una di quelle cose che si dicono tanto per dire, ma è proprio quello che penso.

In alcuni suoi libri lei tratta anche il rapporto con civiltà diverse, per esempio l'Egitto. In che modo i contatti con queste civiltà la cambiano?
Mi cambiano? Non lo so. Sicuramente entrano in me in qualche modo, come tutto quello che percepisco, ma non ne ho una cognizione precisa.

Anch'io sono una scrittrice, cioè cerco di scrivere. Ma ci sono momenti di blocco. Vorrei chiedere se capitano anche a lei, e come li risolve.
Mi succede. Ascolto la musica... Penso che in questi casi sia meglio non scrivere di esperienze che non ci riguardano, che sono molto lontane da noi, come la vita di una rockstar o cose del genere. Ma se si deve farlo, allora metterci qualcosa che avvicini a noi quel personaggio. Per esempio, se mi
piace la cioccolata, raccontare che a quella rockstar piace la cioccolata, È un modo per creare un collegamento con la nostra vita, e ci aiuta ad andare avanti.

La conversazione termina qui. Banana saluta gli studenti che le tributano un lungo, lunghissimo applauso. Di nuovo cerchiamo faticosamente di farci strada tra la folla. Ma una piccola folla ci insegue fino a Piazza Municipio, e ci aspetta fuori dal bar dove ci siamo rifugiati, anzi i più irriducibili entrano anche dentro. C'è tra i ragazzi una signora anziana, agitatissima, che accompagna una signorina giapponese sua ospite dai capelli cotonati e laccati (una modella di kimono, ci spiega, e non capiamo bene cosa significhi) e ci chiede un autografo per lei. Per principio insistiamo che basta, di autografi Banana non ne firmerà più, e si crea una querelle tra me, la segretaria di Banana e la signora, mentre la sua ospite giapponese in giapponese ci chiede di ignorare la richiesta della signora che l'ha portata lì contro la sua volontà. Essendo modella di kimono, ci spiega, capisce benissimo la posizione di un'artista e non vuole importunare.
Due giorni dopo siamo al Molo Beverello, a comprare i biglietti per l'aliscafo per Capri. C'è un vento tale che pare che le corse siano state interrotte, ma da un momento all'altro dovrebbero riprendere. C'è un vento tagliente, siberiano, nel porto inondato da una luce splendida e accecante.
Tutto è troppo nitido. Non ho mai visto il Molo Beverello così deserto. E in quella scena metafisica così insolita per Napoli, tutt'a un tratto, gran colpo di scena, si materializzano dal nulla la signora anziana e la sua ospite giapponese dai capelli cotonati e laccati che il vento non smuove di un millimetro. La signora si scusa per l'aggressione del giorno prima, ci racconta molte cose in pochi secondi, la giapponese si inchina dopo averci distribuito i suoi biglietti da visita, la scena ritorna di nuovo deserta. Le abbiamo sognate?
"Ecco, questo è quello che volevo dire l'altro giorno. Sono queste le cose che mi succedono. Non è proprio come vedere fantasmi o piegare cucchiaini, ma come incontro è stato abbastanza paranormale, non pensi?" mi dice Banana.
Io faccio sì con la testa, mentre la sua risata è inghiottita dal vento siberiano.
  

©  Banana Yoshimoto/Giorgio  Amitrano
© Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano


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Ultima modifica : 14/03/08 20.21.11

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