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Feltrinelli , il sito ufficiale dell'editore italiano
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Melancholia, Banana Yoshimoto Page , un sito amatoriale con molte
informazioni
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Presagio
triste |
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La copertina : |
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Titolo
originale : Kanashii yokan
Traduzione dal
giapponese di Giorgio Amitrano, aprile 2003, 7.5 €
"Universale Economica" SUPER UE,
Feltrinelli
(ISBN: 88-07-84022-7)
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Cosa
turba la serenità interiore di Yayoi? Cosa significano le
visioni che le si presentano? Proprio a lei che vive con due
genitori ed un fratello che la amano, in una casa che sembra
una di quelle del “Mulino Bianco”? E cosa la spinge verso
quella zia strana e misteriosa? Cosa spera di trovare in lei?
Yayoi non ricorda più nulla della sua infanzia. Per di più
sente che il sentimento per Tetsuo, suo fratello, a volte, va
oltre. L’unico modo per svelare ogni cosa è riflettere e
cercare di ricordare. Allora Yayoi scappa di casa per
l’ennesima volta e si rifugia a casa della zia, Yukino, una
donna affascinante ma terribilmente trascurata, insegnante di
musica del liceo. Yayoi entra in una sorta di mondo fuori dal
tempo, fatto di chiacchierate notturne, atmosfere oniriche e
tristi presagi in una casa piena di polvere e di confusione
nella quale però regna una gran pace. E per caso, una sera,
riceve la rivelazione: Yayoi e Yukino sono sorelle, i loro
genitori morirono in un incidente stradale mentre si recavano
ad un santuario ad Aomori e Yayoi fu adottata dagli attuali
genitori. L’animo sensitivo di Yayoi, forse, si rifiutava di
ricordare. Tutto questo però non la getta assolutamente in
una crisi esistenziale. Ora tutto è più semplice e chiaro:
il suo amore per Tetsuo, le allucinazioni, le stranezze della
zia-sorella, costretta a vivere il lutto da sola. Ora forse è
possibile ricominciare. Ma non finisce qui: Yukino fugge la
mattina dopo. Yayoi inizia la ricerca con Tetsuo, il quale le
confessa che l’unica a non sapere la sua vera storia era
solo lei stessa. Inizia allora un viaggio tra il passato e il
futuro, in cui i due ragazzi prendono coscienza dei loro
reciproci sentimenti e incontrano un nuovo personaggio,
Tatsuno, un giovane amante della zia, anche lui alla sua
ricerca. Egli confessa ai due ragazzi di aver avuto una storia
con Yukino mentre faceva il liceo, e di amarla ancora
nonostante la loro rottura. I tre si incontrano, per caso, in
una delle case estive della famiglia di Yayoi, dove si
aspettavano di trovare Yukino, ma, abbandonata la speranza che
possa tornare in quel luogo, intraprendono il viaggio di
ritorno. Yayoi però non si da per vinta: tornata a casa,
inizia ad analizzare tutti i possibili indizi presenti nella
camera della zia e trova la guida di Aomori. Capisce tutto e
parte di nuovo. Come in una sorta di appuntamento con la
storia, le sorelle si rincontrano al santuario… per
ricominciare… insieme…libere…
Un’indimenticabile atmosfera, una capacità straordinaria di
indagare l’animo dei personaggi in un linguaggio semplice e
armonioso, perfettamente in sintonia con le magiche atmosfere
che crea.
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Quella vecchia casa si trovava in un quartiere residenziale piuttosto distante dalla stazione. Poiché era alle spalle di un grande parco, era sempre avvolta da un intenso profumo di verde e, specialmente dopo che aveva piovuto, l’aria diventava così densa, come se le strade che circondavano la casa si fossero trasformate in una foresta, da farsi quasi soffocante.
Abitai anch’io per poco tempo in quella casa dove mia zia aveva vissuto a lungo da sola. Ripensandoci, quel breve momento è diventato per me un periodo prezioso e unico. Quando lo ricordo, vengo presa da una sensazione indefinibile. Come un miraggio apparso all’improvviso, quei giorni sembrano perdere ogni realtà.
Ripenso con struggente nostalgia alle ore trasparenti passate con la zia, noi due da sole. Credo sia stata una fortuna aver potuto condividere con lei quello spazio che era nato tra le fessure del tempo grazie a circostanze del tutto casuali.
Ricordo tutto perfettamente. La vecchia porta di legno aveva un pomello dorato ormai opaco. Le erbacce nel giardino, a lungo trascurate, erano cresciute altissime e fitte, e insieme agli alberi ormai quasi secchi nascondevano il cielo.
L’edera si arrampicava sui muri scuri, e a una delle finestre il vetro rotto era stato attaccato alla buona con del nastro adesivo. Il pavimento era sempre ricoperto di polvere che con il bel tempo, colpita dai raggi di sole, si sollevava danzando, per poi tornare a coprire tranquilla il pavimento. Tutto era sparso come capitava, e le lampadine fulminate non venivano sostituite. Era un mondo al di fuori del tempo. E fino a quella volta in cui io andai a farle visita, la zia vi aveva sempre vissuto nel silenzio e nell’ombra, come addormentata.
La zia insegnava musica in un liceo privato. Aveva quasi trent’anni ma non era sposata, chissà ormai da quanto viveva da sola. Era la classica "insegnante di musica nubile e seria". Soprattutto la mattina, quando andava al lavoro, ne era la perfetta rappresentazione. Sempre nel suo triste tailleur grigio-topo, senza un filo di trucco, i capelli legati stretti con un elastico nero, scarpe dai tacchi né alti né bassi, camminava a ritmo regolare per le strade velate dalla foschia mattutina. Una di quelle donne che ogni tanto si incontrano, dal viso di singolare bellezza ma terribilmente antiquate. L’unica spiegazione che potevo darmi era che la zia, facendosi beffe del mondo, avesse dato vita a un’immagine da manuale, come a dire: vestita così, non sembro una perfetta insegnante di musica? Perché quando era in casa e poteva mettersi comoda, sembrava un’altra, rivelando la sua raffinata bellezza.
Nel suo stile di vita era l’eccentricità fatta persona. Appena rientrava si metteva subito in pigiama o in camicia da notte e restava a piedi scalzi. E, se poteva, passava giornate intere senza fare altro che tagliarsi le unghie o le doppie punte. Era capace di stare ore a guardare fuori dalla finestra soprappensiero, e di addormentarsi nel corridoio. I libri che leggeva restavano aperti e le cose lavate giacevano all’infinito nell’asciugabiancheria. Quando voleva mangiare mangiava e, quando ne aveva voglia, dormiva. A parte la sua stanza e la cucina, evidentemente non puliva la casa da anni, e quando io arrivai, per mettere in ordine la stanza dove avrei dormito, dovetti lavorare tutta la sera, fino a diventare nera. Anche quella volta, senza mostrare il minimo fastidio, mia zia disse: "Gli ospiti sono ospiti", e nonostante fosse già notte passò ore per prepararmi una grande torta. Ogni cosa si svolgeva in questo modo bizzarro. Quando finii le pulizie e mangiammo la torta era già l’alba, e il cielo cominciava a schiarire. Era tutto così, senza nemmeno una vaga parvenza di ordine.
Eppure, pensai che, forse per la sua bellezza, tutte queste cose erano stranamente ammantate di fascino. Senza dubbio la zia aveva dei bei lineamenti. Detto questo, ci sono sicuramente molte persone più belle di lei. Quello che a me appariva bello era soprattutto il suo modo di vivere, i suoi gesti, il particolare mood che si sprigionava perfino dai minimi cambiamenti d’espressione che accompagnavano i suoi gesti. A me sembrava che tutto il suo mondo avesse una coerenza che sfiorava la testardaggine, e che niente avrebbe mai potuto sconvolgere, fino alla fine dei giorni. Per questo, qualsiasi cosa facesse, mia zia mi appariva incredibilmente bella. La luce che emanava, vuota ma brillante, riempiva tutto lo spazio intorno a lei. Col suo modo di stropicciarsi gli occhi assonnati, e le lunghe ciglia abbassate, mi sembrava abbagliante come un angelo, e le sue caviglie sottili allungate sul pavimento erano armoniose come fossero state scolpite. Avevo la sensazione che anche quella vecchia casa polverosa si espandesse e si ritraesse dolcemente in accordo con i suoi movimenti.
Quella sera provai a chiamarla molte volte, ma lei non rispondeva. Sotto una pioggia scrosciante, un po’ in ansia mi diressi verso casa sua. Nell’oscurità una nebbia simile a fumo si levava dal verde, e la soffocante aria notturna conteneva un odore malinconico e fresco. Camminavo concentrata, barcollando sotto il peso del borsone che avevo in spalla. Era una notte molto buia.
Da sempre, quando avevo bisogno di pensare, scappavo di casa. Senza dire ai miei dove andavo, partivo per qualche breve viaggio o mi facevo ospitare a turno dagli amici. Così facendo, mi si chiarivano le idee e riuscivo a capire diverse cose. I primi tempi i miei genitori si arrabbiavano, ma quando cominciai ad andare al liceo finalmente si rassegnarono e smisero di rimproverarmi. Perciò il fatto che all’improvviso me ne andassi così, senza alcuna spiegazione, non era per niente un evento raro. Solo il fatto di essere diretta a casa di mia zia mi sembrava un po’ strano.
Non c’erano rapporti intimi tra me e lei, anzi, a parte alcune grandi riunioni di famiglia, l’avevo incontrata solo in rarissime occasioni. Però chissà perché a me quella strana zia piaceva molto, e poi avevo con lei un piccolo ricordo in comune.
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©
1988 by Banana Yoshimoto
© 2003 Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano
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14/03/08 20.24.01 |
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Commenti
e recensioni : |
Sto
leggendo questo libro... e credo
che sia uno dei migliori che io abbia mai letto, anche
se ho solo quattordici anni. mi appassiona sempre di più,
pagina dop'o pagina, perchè racconta i temi che deve
vivere ogni adolescente, prima o poi; in oltre credo che
la trama sia molto avvincente, che di sicuro non annoia
i lettori, qualunque età abbiano! Incertezza, paura, la
voglia di maturare e allontanarsi sempre di più dai
genitori, ma sopprattutto malinconia e amore si possono
ritrovare ( in larga misura ) in questo fantastico
libro. Inoltre, credo che sia molto importante leggerlo
per un adolescente, perchè ci si possa ritrovare nella
storia e nei personaggi del libro.
Un magnifico libro.
Grazie dell'attenzione.
(nome) Moreno Perna
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