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Dampyr |
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Un uomo,
la sua passione artistica, la sua follia
Intervista inedita con Alessandro
Baggi (maggio 2003)
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Folgorato sulla via di Damasco. Quest’uomo, Alessandro
Baggi, alla veneranda età di 36 anni si guarda indietro e
vede la sua vita segnata da 2 grandi eventi.
A
6 anni, sulla poltroncina del barbiere, sta sfogliando il
numero 39 dei “ Fantastici Quattro ”, intitolato
“ Il gran giorno ”…e capisce…in realtà
crede che tutti i fumetti presenti sul globo li disegni la
stessa persona, ma pur in questa nebbiosa visione del mondo ha
chiara una cosa : vuole “ disegnare fumetti
esattamente cosi’ ”.
Insofferente
per natura alla coercizione scolastica, dopo l’inferno delle
medie scopre che esiste di peggio : le scuole superiori !
Il paterno, affettuoso suggerimento di restare a fare il
magazziniere a Sesto San Giovanni oltre il periodo estivo pare
non sortire l’effetto minaccia-reazione sperato, perché il
giovine accetta entusiasta. Ma ecco, a questo punto arriva la
seconda illuminazione, la salvezza : si scopre che da 1
anno a quella parte esiste un posto strano e fantastico, dove
un signore con una fitta barba nera tipo hippie, Beppe
Calzolari, fa studiare fumetti e cose inerenti solo ai
fumetti. La scuole del fumetto di Milano, appunto.
Il
nostro sbarbatello arriva conoscendo solo i supereroi Marvel
che schizza da sempre, più Paz, Crepax e le cose su
Linus…gli viene rivelato che esiste “ Arzach ”
di Moebius, che lo lascia senza parole, e altra robetta
cosi’. Oggi fa tesoro di quell’esperienza e, diventato a
sua volta insegnante a Milano, porta in classe i lavori di
tanti grandi ingiustamente misconosciuti, e dice “ Questo
é già molto, mostrare ai ragazzi autori che non conoscono e
non andrebbero a cercarsi da soli ”. Davide, uno degli
alunni, conferma : pochi sanno condurti alla scoperta
degli autori ed affinarti il gusto, Alex lo fa.
Lo
sbarbatello esce dalla scuola di fumetto e percorre il mondo
seguendo la passione della sua vita. Oggi é un autore Bonelli
ed é arrivato fino in Francia, dove sta per uscire una storia
interamente sua. Ma andiamo con ordine.
A
17 anni pubblica sulla rivista contenitore “ 1984 ”
la sua primissima storia. Poi partecipa caparbiamente a tutte
le edizioni del concorso di fumetto di Prato, classificandosi
terzo, secondo e infine, a 21 anni, primo, con una
storia giallo/horror dall’improbabile titolo “ Momenti
della radio e sorrisi delle forbici ”.
Dal
1987 piazza mostri ed immagini splatter presso varie case
editrici e firma per 5 anni le copertine dell’ “ Intrepido ”.
Nel 1998 la rivista chiude, ma nello stesso anno esce una
storia di Baggi con tiratura sulle 5000 copie, in un volume di
storie brevi, “ Vertigini ”, edito dalle Phoenix
di Daniele Brolli.
E
ci stiamo avvicinando ad un altro momento che potremmo
definire fatidico per la vita di Baggi (se non fosse che in
apertura ne avevamo fissati solo 2 e li abbiamo già citati.
Ovvero, il momento in cui nel 1999 bussa in Bonelli con una
storia sui vampiri sceneggiata ed illustrata da lui). E voilà,
habemus papam.
CP :
Preferisci sceneggiare o disegnare ?
AB : Sono un autore completo, le 2 cose insieme. Mi trovo
male a lavorare sulle sceneggiature altrui, di chiunque siano,
perché per me i due momenti sono legatissimi, uno disegna
secondo il modo in cui ha concepito la storia. A “ Dampyr ”
mi è piaciuto poter co-sceneggiare l’episodio “Il
giardino proibito”.
CP : Vuoi più
bene a Boselli o a Colombo ? Scherzi a parte, che
differenza c’é nell’illustrare per loro ?
AB : Colombo lascia molto spazio ; che so, nota “ 10
pagine per il cliché di lotta ” e io posso gestirmi.
Boselli va imperterrito per la sua strada. Da Mauro ho
imparato il sano impianto classico della storia, come si vede
ad esempio nel numero 38.
CP : Nel
numero 38, già dalla prima pagina, non hai usato la griglia
bonelliana tradizionale, perché non ti licenziano ?
AB : Avevo già usato impostazioni non rigide, per
esempio nel
“Il
giardino proibito”, e Bonelli aveva apprezzato. Il suo
cruccio é la chiarezza, la leggibilità innanzitutto, ed in
questo sono d’accordo con lui, si tratti di fumetti popolari
o d’autore. Infatti in quella pagina ho usato il fondo
bianco intorno a lei che corre, non ci sono le 6 vignette ma
si capisce tutto. Sienkiwicz, Breccia & Co. hanno una
tecnica insolita che origina comunque immagini comprensibili .
Non ho nulla contro la vignetta classica, i fumetti americani
sono nati cosi’ e in uno spazio cosi’ organizzato puo’
starci dentro il mondo ; proprio la sua classicità dà
rilevanza alla modificazione. Per questo non abuso delle
impostazioni insolite : modificare le 6 vignette deve
avere un senso, dev’essere uno strumento in più, non un
vezzo ; percio’ reputo che giovi farlo nelle scene
d’azione ma non vedo motivi di cambiare nei dialoghi. Per
esempio quando si lavora con un narratore classico come
Castelli non ha senso forzare. Che si debba lavorare per forza
in un certo modo in Bonelli comunque é un pregiudizio,
tant’é vero che non tutti lo fanno, vedasi Nicola Mari. Il
quale ha un gusto estetico solido e puo’ permettersi
soluzioni insolite. L’unica cosa che forse gli potrei
contestare, appunto in linea con quanto ho detto, é
l’iperschematsimo usato nel Dylandogone, con tagli arditi
difficili da leggere.
CP : Cosa
significa per te il lavoro in Bonelli ?
AB : Sicuramente ha significato la sicurezza economica.
Inoltre, in questi 5 anni mi ha fatto crescere come
disegnatore : lavorare su una serie non é uno scherzo,
devi sviluppare una certa velocità. E poi le difficoltà
tecniche aumentano via via che il prodotto cresce e si
modifica, percio’ acquisisci ulteriori capacità.
CP : Che
progetti hai ora ?
AB : Sta per uscire un moi lavoro in Francia, per la
Mosquito, la stessa casa editrice che pubblica Sergio Toppi.
Si tratta di una storia abbastanza sinistra, un giallo/horror
con atmosfere alla David Lynch. Il segno é realistico, con
l’unico elemento stridente del protagonista, un paperotto
che indaga alla ricerca di una donna scomparsa, fra cliniche
misteriose e vicini diffidenti. Li’ uso le splash pages e
lascio filtrare numerose influenze giapponesi. Il finale é
surreale, irrisolto, astratto.
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CP :
Uhuh, varchi il confine ! Cosa pensi del fumetto francese ?
AB : Ha fornito innovazioni formidabili negli anni
Settanta, poi gli americani hanno imparato la lezione e lo
hanno superato. Oggi i francesi sperimentano poco.
CP : Allora
perché vai a proporti in Francia ?
AB : Anche solo formalmente resta un mercato comunque più
aperto di quello italiano : per il lavoro che citavo
prima ho usato ritagli, pastelli, tempere, cosa che non posso
fare qui in Italia. Poi diciamo che in Francia punto su
piccoli editori, indipendenti, che non hanno ancora sviluppato
una precisa linea interna percio’ sono più disponibili,
aperti. Non ci sarà riscontro immediato, ma é soddisfacente
sperimentare. Per contro, lavorare cosi’ non garantisce una
continuità, una costanza e un discorso che si sviluppa, ecco
perché me é importante portare avanti anche la serialità in
Bonelli.
CP : Insomma
non si direbbe ma sul lavoro sei un serio ?
AB : Lo dico sempre ai miei alunni, se si crede veramente
nel proprio lavoro bisogna essere disposti a fare dei
sacrifici. Per portare avanti un progetto bisogna essere
pronti a rinunciare alle gite al mare, agli week-end, trovarsi
un lavoro fisso e magari passare la notte su un’idea da
pazzoide. Io ho sempre portato avanti le mie storie spinto
dalla passione e dalla ricerca artistica, ci credo sul serio.
Ci
scusiamo con l’autore per eventuali inesattezze o verbi
coniugati male, tanto lui non ha il computer né il cellulare,
é fuori dal mondo e non puo’ controllare !
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SCHEDA:
La scuola del fumetto |
Nel
1979 apre la SCUOLA DEL FUMETTO di Milano, la prima esperienza a livello
didattico concernente il fumetto in Italia, diretta oggi come allora da
Beppe Calzolari.
Debutta
con un’ottantina di allievi, per arrivare a veleggiare stabilmente oggi
sui 150 iscritti.
Hanno
insegnato qui artisti del calibro di Lorenzo Mattotti, che “ sconvolgeva ”
gli alunni proprio nel periodo in cui inventava lo stile di “ Fuochi ”.
Non
ci sono limiti di età massima, per contro dai tempi di Baggi, che si
iscrisse a 14 anni, é stata fissata un’età minima a 17.
Sono
aperti anche dei corsi serali, ai quali si iscrivono persone che lavorano
o che si sono accostate tardi alla dimensione artistica, che Alex
definisce “ molto motivate ”.
Esistono
altre scuole in Italia, ma attivano dei corsi, mentre qui l’insegnamento
é inteso come quello di una vera e propria “ scuola ” :
650 ore l’anno, 4 ore al giorno per 5 giorni la settimana.
Gli
alunni vengono preparati a non affrontare solo il fumetto ma anche
grafica, impaginazione, tromp l’œil, design, sicché possano acquisire
una professionalità spendibile anche in altri campi artistici.
La
scuola, oltre a ricevere commissioni da vari clienti, é abbinata ad una
casa editrice, la “ EssEffe ” di Milano : i progetti
sviluppati all’interno dei corsi vengono cosi’ concretizzati e fatti
circolare all’esterno.
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Articolo
a cura di Camilla |
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Per
le immagini :© Sergio Bonelli Editore
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Risoluzione
consigliata : 1024x768 ; colori : true color (32 bit) |
Ultima
modifica :
16/03/08 18.34.15 |
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